Il dito delle donne

L’okra (o Gombo) è un ortaggio che non può essere ignorato in Africa. Si pensi soltanto che, in africa dell’ovest, occupa il secondo posto della coltivazione dopo il pomodoro. Per la sua forma particolare viene chiamato in alcuni paesi “dito delle donne”.

L’okra è una verdura dal sapore delicato di melanzana e dalla consistenza leggermente gelatinosa. Può essere consumato crudo nelle insalate, cotto per accompagnare piatti di carne e pesce o ancora secco e in polvere come condimento nelle salse.

Ci sono vari tipi di okra. Quello classico che ho usato per la ricetta di oggi, che fa dei frutti appuntiti con una forma di stella e poi c’è un secondo tipo di okra che invece non produce questi frutti ma solo delle foglie che hanno lo stesso sapore e consistenza dei frutti allungati.   

Nella mia tribù d’origine, gli “Alur”, siamo famosi anche per una specialità culinaria a base di Okra chiamata “Angira”, che viene preparata solo da questa tribù. E’ composta da fagioli bianchi, okra in foglie, una polvere tradizionale ricavata dalle foglie di banana essiccate, porri, olio e si accompagna con il del foufou di manioca particolare che viene trattato per dare una pasta di colore bruno scuro che chiamiamo ”Kokà”.

E’ un piatto che si mangia, per tradizione, con le mani.

Vi assicuro che è un pasto delizioso!

Questa pianta si cucina principalmente nella zona di Mahagi, vicino al confine con l’Uganda. Nella casa dove sono cresciuta a Kisangani, i miei genitori piantavano sempre delle piante di okra e nella nostra tavola non mancava mai. La gente di Kisangani conosce questa pianta ma viene preparata in maniera diversa.

Cucinare l’okra è una tradizione per la mia tribù e per questo veniva offerto agli ospiti importanti quando qualcuno veniva a farci visita.

Anche se sono cresciuta lontana dalla zona di Mahagi, le mie zie paterne mi hanno insegnato, con passione, a cucinare questa pianta affinché anche io mantenessi le tradizioni culinarie della tradizione regionale di Mahagi.

Ho preparato oggi dell’okra marinato al limone con purè speziato e tuorlo d’uovo appena scottato per avvicinarmi a dei sapori più accessibili qui in Italia. Un piatto che mi riporta alla mia infanzia, alla mia origine, alla mia tribù.

Quando cucinavamo questa verdura per un ospite speciale, era un messaggio chiaro di scambio come se dicessi “voglio darti una cosa che so che ti farà piacere!” e questo veniva percepito da essi.

Una pianta che voleva trasmettere, tra le righe, accoglienza, riconoscimento identitario e invitava alla pace.

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